Medioevo, la storia di una comunità veneziana raccontata dall’alimentazione

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Il sito archeologico a Monastero di San Mauro di Jesolo (credit: unive.it)

Venezia – Siamo attorno al X secolo e un’intera comunità di abitanti della Laguna di Venezia passò da una dieta a base di pesce del 30-60% al 10-30% con il corrispondente aumento di carne e latticini. I dati sono contenuti in uno studio scientifico coordinato dall’Università Ca’ Foscari Venezia, in cui sono stati analizzati gli isotopi di carbonio e azoto nel collagene dei denti e delle ossa di 52 individui sepolti nel sito archeologico noto come Monastero di San Mauro a Jesolo. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Archaeological and Anthropological Sciences, ha rivelato cambiamenti significativi nella dieta nel corso del Medioevo, influenzati da cambiamenti economici e ambientali.

La ricerca ha coinvolto un gruppo interdisciplinare che ha unito studiose e studiosi in archeologia medievale e chimica analitica dell’ateneo veneziano (Dipartimento di Studi Umanistici e Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica), in collaborazione con l’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche e l’Università del Salento.

I ricercatori hanno esaminato le firme chimiche lasciate nelle ossa e nei denti umani, analizzando i rapporti isotopici di carbonio e azoto. Questi isotopi stabili possono essere considerati come delle impronte digitali dietetiche che si preservano per migliaia di anni nelle ossa e nei denti, rivelando il regime alimentare del singolo individuo nel corso della propria vita.

L’analisi degli isotopi stabili nel collagene, in combinazione con l’utilizzo di un modello matematico appositamente sviluppato dai ricercatori per questo contesto, ha permesso di determinare le proporzioni della componente proteica marina e terrestre nelle diete degli antichi veneziani. I risultati indicano che dall’VIII al X secolo il pesce costituiva il 30-60% della dieta. Tuttavia, dal X al XII secolo, il consumo di pesce diminuì al 10-30%, con un corrispondente aumento delle fonti di proteine terrestri, come carne e latticini.

La consistenza del campione e la sua varietà in termini di età, sesso, cronologia e condizioni patologiche ha permesso di rilevare, per la prima volta, attraverso dati antropologici e paleo-alimentari, una profonda trasformazione socioeconomica nella quotidianità della comunità lagunare di Equilo, un insediamento portuale che, all’epoca, si trovava affacciato sulla laguna.

Lo studio dimostra come il cambiamento delle abitudini alimentari sia un indicatore dalle trasformazioni economiche e sociali nella Venezia medievale che hanno determinato significativi cambiamenti nello stile di vita degli individui ed un’evoluzione delle reti commerciali tra le comunità lagunari.

Dario Battistel, professore di Chimica Analitica a Ca’ Foscari e primo autore dell’articolo, spiega: «Si tratta di una trasformazione culturale intima e profonda. L’analisi degli isotopi di azoto nei denti negli individui immaturi ha infatti messo in luce una trasformazione nelle pratiche e nelle tempistiche di svezzamento. Svezzamento che risulta più precoce dopo il X secolo, in concomitanza con il cambio di regime alimentare e, probabilmente, legato ad una nuova e più dinamica organizzazione socioeconomica».

Al riguardo, Sauro Gelichi, professore di Archeologia medievale a Ca’ Foscari e direttore degli scavi nel sito di Jesolo, sottolinea: «Con l’incremento dell’attività agricola dopo il Mille, un porto importante come Equilo deve aver visto un incremento del passaggio dei cereali e dei prodotti legati all’agricoltura. Il passaggio da risorse locali a un più ampio bacino agroalimentare è l’unica ragione per spiegare i cambiamenti nella dieta della comunità? Ci sono delle specificità locali? Come e perché cambiò la cultura del cibo? I dati scientifici emersi in questo studio – conclude – saranno messi in dialogo con quelli provenienti dalle analisi antropologiche sugli individui e dallo studio archeozoologico per rispondere a queste domande, ancora aperte». (Red)

Vedi
www.unive.it
https://doi.org/10.1007/s12520-024-02032-2

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